Un mix di preoccupazioni e di notizie negative, nella scorsa settimana, hanno portato le borse europee ad un profondo ritracciamento al ribasso, che si è attenuato solo nella giornata di venerdì con un (importante) rimbalzo delle quotazioni.
L’indice FTSE MIB cede il 2,60% in una settimana, ma alla chiusura di giovedì scorso il bilancio settimanale era intorno al -6%. Gli amanti dell’analisi tecnica hanno già avuto tutte le possibili conferme di abbandono delle posizioni e non ci sono ancora segnali di inversione (al proposito rimandiamo a questo link, con i grafici aggiornati)
I paesi europei periferici, da sempre oggetto dei timori dei mercati, hanno tutti sofferto. In particolare la Grecia, con Atene che perde il 7% in una settimana (con la chiusura di giovedi sera sarebbe stato un -15%).
Cosa è successo
Sono scattati tutta una serie di campanelli d’allarme, che hanno fatto scappare gli investitori.
C’è da dire che già da diverse settimane era in corso questa smobilitazione (soprattutto da parte degli investitori americani): è una presa di beneficio, dati gli ultimi mesi di rialzo delle quotazioni europee, oppure è vera paura? Chiaramente non esiste una risposta definita, ciascuno può trarre le sue considerazioni.
Se vogliamo limitarci alle notizie della settimana scorsa, possiamo riassumere il tutto in questi punti:
- La Germania ha rivisto al ribasso le stime di crescita del PIL nel 2015 (da +1,8% a +1,2%).
- Le iniezioni di liquidità negli USA (nell’ambito del quantitative easing) sono nella fase finale. Al contrario in Europa ancora non c’è la chiara intenzione di attuarle.
- Secondo Fitch (agenzia di rating), gli stress test bancari della BCE riveleranno che le banche greche ancora necessitano di ricapitalizzazioni (qui un articolo al proposito, sul sito ufficiale dell’agenzia).
Quali sono stati gli effetti?
Tanto per cominciare si è assistito ad un crollo generalizzato delle borse europee, a partire soprattutto dalla giornata di martedì 14, con Atene in testa.
Le tensioni sui paesi periferici hanno avuto ovviamente un forte impatto sui rendimenti dei rispettivi Titoli di Stato. Lo spread BTP-Bund è ritornato oltre quota 200, salvo abbassarsi a 163 nella chiusura di venerdì.
L’asta dei Bonos (titoli di Stato spagnoli) non è riuscita a collocare tutte le obbligazioni prefissate (collocati 3,2 MLD contro un obiettivo di 3,5)
Al contrario il rendimento del Bund Tedesco ha toccato il minimo storico (0,7835%) nella giornata di mercoledì (ma le stime del PIL tedesco non erano al ribasso?). Anche il Treasury Americano è sceso sotto il 2% ai minimi da maggio 2013.
C’è già rimbalzo?
Indubbiamente nella giornata di venerdì 17 (alla faccia dei superstiziosi) c’è stato un rimbalzo generalizzato delle quotazioni che ha reso meno amara la settimana.
Una grossa mano è arrivata da oltre oceano, con la FED che ha annunciato che, effettivamente, è possibile un prolungamento del Quantitative Easing (tradotto: non verranno ancora stoppate le iniezioni di liquidità). Questo il link alla notizia in lingua inglese.
Dopo queste parole, complice anche un andamento favorevole di Wall Street, sulla scia delle trimestrali societarie e dei dati macro, c’è stata una boccata di respiro sulle piazze borsistiche europee.
Il dubbio è sempre quello: è stato un rimbalzo dovuto ad un nuovo ingresso di investitori (gli stessi che avevano venduto alto?), oppure è semplicemente un caso?
La ripresa vigorosa delle quotazioni sembra dipendere dalla scelta della BCE sulle iniezioni di liquidità, che però andrebbero a creare una nuova bolla con ogni probabilità.
Per ora la data da segnare sul calendario è il 26 ottobre, giorno in cui la BCE rivelerà i risultati generali degli stress test sulle banche europee. Il quadro sarà forse più chiaro.