Tanto tuonò che piovve. Ormai non si poteva aspettare ulteriormente, perchè le dichiarazioni delle settimane precedenti non lasciavano scampi: la FED ha alzato i tassi di interesse, dopo 9 anni.
Adesso i tassi USA sono allo 0,50%. Dal 2006, fino alla riunione del 15 dicembre 2015, i tassi erano rimasti inchiodati al minimo storico dello 0,25%.
Festeggiano le borse, con gli indici azionari che salgono (proprio il contrario di quello che ci si aspetterebbe da una mossa del genere, dopo vedremo perchè). Ma, si sa, i movimenti avvengono non più sulle notizie, ma sui rumors dei periodi precedenti.
Dollaro vs Euro
Se oltre oceano riparte la stretta sui tassi, al contrario da noi continua, anzi viene rinforzata, la politica super accomodante del Quantitative Easing, ovvero delle immissioni di liquidità nel mercato.
Se da una parte quindi, il costo del dollaro salirà, nell’Eurozona il mix di tassi bassi e liquidità enorme sul mercato dovrebbe portare ad uno scenario in cui l’Euro, molto probabilmente, si andrà a deprezzare nei confronti nella moneta americana.
Questo significa forte impulso all’export dell’Eurozona e per gli investitori, dovrebbe essere uno stimolo a incrementare la propria posizione in dollari.
Chi lo ha fatto tempo fa ha già realizzato importanti guadagni.
Azioni vs Obbligazioni – USA ed Area Euro
Quando i tassi di riferimento aumentano, i rendimenti delle obbligazioni/titoli di stato correlati salgono di conseguenza.
Questo significa che una fetta di investitori, piccoli o grandi che sia, smobilita una quota di investimento azionario (più rischioso) in favore di obbligazioni che a quel punto rendono di più. L’aumento di tasso non è stato esagerato, ma nel 2016 sono previsti altri graduali ritocchi verso l’alto.
C’è chi addirittura si aspetta 4 ulteriori rialzi, ma comunque, in media, si pensa che entro fine 2016 la FED avrà già portato i tassi almeno all’1%. E’ chiaro che, a quel punto, le obbligazioni statunitensi avrebbero una fetta maggiore di sottoscrittori che fuggono dall’azionario USA.
Discorso inverso invece per l’Europa. Qui da noi i rendimenti dei titoli di Stato sembrano ancora destinati a scendere, con l’azionario che dovrebbe continuare a farla da padrone, seppur con degli scossoni di volatilità a cui ormai ci si deve abituare.
Impatti sul resto del mondo
Il Giappone dovrebbe godere degli stessi benefici dell’Europa.
Con lo Yen che va ad indebolirsi rispetto al dollaro, dovrebbe esserci un impulso alle esportazioni, con benefici per la ripresa economica. Un dollaro più forte, se abbinato ai prezzi ancora bassi delle materie prime (petrolio in primis), fa meno paura.
Diverso il discorso invece per i Paesi Emergenti.
Molti di questi paesi hanno un debito denominato in dollari che, diventando più cari, saranno più onerosi da estinguere.
Un aumento dei rendimenti dei Titoli USA, potrebbe ingolosire una fetta di investitori che, alla ricerca di rendimento extra, sta puntando sulle obbligazioni dei paesi emergenti. A fronte di rendimenti più appetibili, garantiti dagli Stati Uniti, molti potrebbero smobilitare le loro posizioni sul debito emergente, innescando un cosiddetto movimento di flight to quality.