Lo Stop Loss, in parole semplici, è un ordine automatico che scatta quando il prezzo di mercato, di un’azione per esempio, scende sotto una soglia che noi abbiamo impostato.
Se, per esempio, compriamo un’azione a 2 euro, e poniamo uno stop loss a 1,80 euro (pari a una perdita del 10%), significa che la nostra banca, o piattaforma di trading, venderà le azioni una volta raggiunta questa soglia di prezzo.
Gli stop loss sono utilizzati soprattutto da coloro che fanno trading, ma anche moltissimi investitori privati li usano per proteggere il proprio capitale da perdite eccessive.
Quanto sono efficaci gli stop loss?
Sicuramente gli stop loss aiutano l’operatività sui mercati: non è male poter contare su un meccanismo che che automaticamente vende tutto, se i prezzi crollano sotto una soglia da noi impostata.
Il problema è che gli stop loss funzionano al meglio solo in condizioni di mercato tranquille.
Su cosa significa tranquille, ognuno sicuramente avrà la sua concezione: quello che vogliamo dire è che, quando le oscillazioni di prezzo sono molto veloci e ripide, a volte gli stop loss non bastano.
Ci sono infatti alcune situazioni che rendono gli stop loss parzialmente efficaci o addirittura dannosi.
Situazione 1: Bruschi crolli di mercato
Quando un ordine viene inserito a mercato, questo viene accodato a tutti gli altri. Quando arriva il momento di vendere al prezzo stabilito, tutti gli ordini vengono eseguiti in base all’ordine di inserimento.
Detto in parole semplici: bisogna fare la fila davanti allo sportello del mercato. Chi prima arriva, prima viene servito.
Immaginate ora un momento in cui, per un motivo qualsiasi, il prezzo di una azione cominci a crollare vertiginosamente. In molti, presi dal panico, andranno ad inserire un ordine di vendita. Molti altri ordini partiranno da tutto il mondo a causa di stop loss sforati al ribasso.
E che cosa succede quindi? può accadere che, mentre noi siamo in fila, il prezzo continui a scendere. Di fatto, quindi, andremo a vendere ad un prezzo più basso rispetto a quello che avevamo ipotizzato in partenza (ovvero il prezzo dello stop loss).
Se va bene, la perdita ulteriore è comunque limitata.
Situazione 2: Discesa e rimbalzo
E’ la classica beffa. Le quotazioni scendono fino alla soglia dello stop loss, che scatta puntuale, e poi risalgono (magari anche parecchio nei giorni successivi).
In questo caso lo stop loss ha chiuso le porte ad un possibile guadagno futuro.
Gli ordini sono visibili a tutti nel mercato. Quando esiste un supporto ben noto o un possibile incrocio del prezzo con una media mobile significativa, in molti inseriscono gli stessi stop-loss (magari calcolati da algoritmi simili). Sfruttando questa situazione c’è addirittura chi gioca a comprare proprio in quel momento in cui tutti vendono (il gioco si chiama “run the stops”). E, a volte, accade che le quotazioni rimbalzino veramente, dopo aver toccato un valore ben noto di supporto, al cui valore tutti avevano settato il loro stop-loss.
Situazione 3: Chiusura forzata delle borse
E’ un fatto straordinario, ma accade nei momenti più critici e molto più spesso di quanto si pensi.
L’ultimo esempio? Prima dell’estate 2015, con la borsa di Atene.
Immaginate un risparmiatore fiducioso che, in un impeto di coraggio, decida di puntare sulla borsa greca, consapevole che prima o poi un accordo con l’Europa si troverà (come è effettivamente accaduto). Ultima settimana di giugno, l’estate ormai avanza: il nostro amico compra azioni greche e, saggiamente, fissa uno stop loss ad un prezzo un po più basso, in modo da poter andare in vacanza tranquillo.
Il nostro amico parte effettivamente in vacanza e chiude i contatti con il resto del mondo. Peccato che anche la borsa greca decida di chiudere per “ferie” (eufemismo): dal 29 giugno al 3 agosto.
Il 3 agosto, dopo periodi di forte tensione, la borsa riapre e regala un crollo spettacolare. Un prezzo di apertura infinitamente più basso della chiusura precedente, fa scattare ovviamente lo stop loss, ma ad un valore inaspettato e troppo basso, con buona pace del nostro amico vacanziero.
Il valore di apertura delle borse non corrisponde a quello della chiusura precedente, ma risente di tutte le news che nel frattempo vengono comunicate. Nel tragico giorno dell’11 settembre 2001, Wall Street rimase chiusa e riaprì solo il 17 settembre, con perdite ingenti (-20% circa sugli indici principali).
In generale, ogni stop loss può essere violato all’apertura di borsa successiva, ad un prezzo più basso della soglia impostata.
Come comportarsi?
Nonostante tutto, coloro che scelgono di coprirsi da perdite oltre una certa soglia, fanno bene ad utilizzare gli stop loss.
Probabilmente, anzichè settare un ordine di mercato, possono utilizzare semplicemente un alert di mercato. Settando un cosiddetto “Price Alert“, si viene solo notificati che le quotazioni stanno scendendo sotto la soglia impostata.
Al giorno d’oggi, essendo perennemente connessi tramite smartphone, si può valutare quasi in tempo reale la vera motivazione del calo delle quotazioni. Se le azioni crollano a causa di news esterne che provocano panic selling, si può valutare cosa fare.
Se si ritiene infatti che il prezzo sia sceso per fattori non dipendenti dall’asset acquistato, allora si può evitare di vendere (perchè chiaramente si spera nel classico rimbalzo).
Se possibile, quindi, si può automatizzare solo l’avviso: la scelta di vendere o meno, rimarrebbe in carico alle valutazioni dell’investitore.