Quando, in ambito economico, si parla di BRIC, si intende l’insieme dei paesi Brasile, Russia, India, Cina.
Questo acronimo è ormai entrato nel linguaggio comune ed è stato coniato dell’economista americano Jim O’Neill (responsabile della ricerca economica del reparto di gestione degli investimenti presso la banca americana Goldman Sachs)
L’acronimo BRIC è considerato la prima vera sigla che simboleggia il concetto di mercati emergenti.
La forza dei Bric
Stando alle previsioni di Jim O’Neill, entro il 2050 questi paesi domineranno l’economia mondiale, arrivando a scalzare i paesi che compongono il G7.
Tale previsione si sta rivelando azzeccatissima, infatti già nel 2010 i Bric avevano raddoppiato il loro Pil rispetto a 10 anni prima.
Se consideriamo il Pil a parità di potere di acquisto (ovvero normalizzando il valore del pil rispetto ai prezzi medi) già oggi tali paesi hanno fatto quel balzo che Jim O’Neill si aspettava.
Guardando poi le previsioni per il 2050, i dati si consolidano ulteriormente.
Punti di debolezza
Sicuramente le prospettive di crescita di tali paesi continuano ad essere buone.
Va comunque considerato il seguente aspetto: il fatto che ormai la crescita di questi paesi è considerata un fattore consolidato, ormai il mondo comincia a guardare a queste aree non più come ad aree emergenti, ma come ad aree economicamente mature.
Ciò significa che, al di là delle prospettive che sono comunque migliori dei paesi industrializzati, vengono presi in considerazione anche molti altri aspetti che esulano l’ambito puramente economici.
Parliamo di paesi in cui, sebbene il Pil cresca a ritmi vertiginosi, comunque la ricchezza non è ben distribuita. Se poi guardiamo l’aspetto socio/politico, siamo comunque di fronte a paesi che non garantiscono sicurezza per gli investitori.
Rischi dell’investimento
Proviamo a semplificare volutamente il concetto: investire sui Bric significa scommettere su paesi emergenti, ma non troppo…
Vogliamo semplicemente dire che ormai questi paesi possono considerarsi a tutti gli effetti come realtà affermate: ciò significa che, rispetto al passato, è dura puntare sul fatto che i prossimi rendimenti saranno a 2 cifre.
Parliamo comunque di rendimenti potenzialmente appetibili, ma lontani dai fasti del passato. E se però consideriamo che la volatilità comunque rimane elevata (per cause extra-economiche come si diceva prima), allora bisogna valutare se il gioco vale la candela.
Se parliamo di investimenti a lunghissimo termine, invece, sicuramente le prospettive sono buone, anche se il colpaccio (dal punto di vista dei guadagni) può essere fatto con altri paesi che nel frattempo si stanno affacciando alla ribalta dell’economia mondiale.